Sono quaranta sotto zerooggi sul campo e la squadriglia è in volooltre l'anse del Don; come uno stuolos'alzò, per divenire un punto nero. Da quando Egli è con noi , uno è il pensiero:agire. E il nostro vivere è un crogiuolodove l'uomo, librandosi dal suolo,perde le scorie lungo il sentiero. Siamo una sola anima vibranted'amor di patria, della nostra Italia,racchiusa da incantevoli marine che, generosa, dona l'olezzantezagara per il vel delle sposine;pei morti il mesto fiore della dalia. * * * All'improvviso l'aria cristallinataglia un sibilo lungo e prolungato;aerei sono ch'hanno l'uncinatosegno, partiti anch'essi la mattina. Come bolidi irrompono: la chinaala scivola sull'improvvisatospiazzo; noi tutti tratteniamo il fiatogrosso per il timor d'una rovina. E uno... due... tre; son dei maestriquesti piloti ch'hanno preso terrasul ghiaccio, a quella gran velocità. Ma gli altri? Hanno creduto far la guerraall'elemento infido ed or, maldestri,han "capotato" e sono inerti, là! * * * | Anche i "Macchi" ora vengono; chi sacosa li attende sulla pista dura.Basta un attimo sol; la sepolturaè preparata per l'eternità. Compatta la squadriglia, in fila, varapida degradando in cerchi e curaimboccar controvento la pianura.Son cento all'ora e più. Ce la farà? E uno... due... son quattro ora son novediscesi e gli altri sfrecciano planandosicuri, quasi fosse un carosello. L'ultimo scende; elastico è il carrellofermasi. E' Lui. Sorride. Nelle prove ardue è sublime come nel Comando. * * *Voi feriti e ammalati di Tcherkowo,combattenti assediati, senza mezzi,non v'è speranza più che il cerchio spezziil martirio s'offerto e ch'or rinnovo. Tutto è vano; su voi, sfiniti, piovonoombre e lacrime ancor; tacciono i pezzi.E' finita - si mormora - ma Pezziè atterrato con noi, dentro Tcherkowo. Vuol morir con noi! Col generale,splendido nella giovane figura,il burbero Bocchetti s'accompagna, dalla candida inver capellatura.Terza venne, immancabile compagna,la negra Parca dentro l'Ospedale. * * * | A Woroscilowgrad l'attendevamoil Generale; ma da noi non vennemai più; la radio con le fide antenneattese invano l'onda ed il richiamo del velivolo noto. Come siamofanciulli! Il nostro cuor non si contenne.Sui bianchi fogli torneran le penne,un giorno, a dir di lui, se noi viviamo. Ma quest'oggi in un angolo di pistai suoi fidi lavorano la zollanella crosta di ghiaccio, per la fossa simbolica. L'adornano. Che possa perdonarsi all'aviere se l'artista,d'inverno, non vi ponga una corolla. Castellamare di Stabia, maggio 1948 |